Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 29 giugno 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Disturbi dello spettro dell’autismo (ASD): varianti di KATNAL2 causano idrocefalo e alterano la connettività. Varianti del gene associato ad ASD KATNAL2 alterano la dinamica del fluido cerebrospinale (CSF) e la connettività funzionale fra circuiti, perturbando la dinamica dei microtubuli ciliari nella glia radiale fetale e nelle linee cellulari discendenti, ependimali e neuroniche. Uno studio condotto da Tyrone DeSperanza Jr. e trentuno colleghi ha identificato questo meccanismo molecolare come potenziale movente nell’eziologia della ventricolomegalia cerebrale in subset genetici di pazienti ASD, e quale spiegazione causale della presenza del fenotipo ASD e di altri disturbi neuroevolutivi in pazienti con idrocefalo congenito resistente all’intervento di diversione neurochirurgica del CSF. [Cfr. Proceedings of the National Academy of Sciences USAAOP doi: 10.1073/pnas.2314702121, 2024].

 

Disturbo Depressivo Maggiore: cosa hanno rivelato i microelettrodi nell’amigdala. Più di 350 milioni di persone nel mondo soffre di depressione e i trattamenti farmacologici sono deludenti in molti casi. Da uno studio condotto da Fanli Kong e colleghi è emerso che l’aumentata attività dei neuroni dell’amigdala baso-laterale (BLA) nella banda teta delle frequenze è strettamente correlata allo stato depressivo. Se questo correlato così specifico nei modelli murini troverà conferma in ulteriori studi, si potrà valutare la sperimentazione terapeutica di una stimolazione altamente mirata alla BLA per la depressione maggiore. [Cfr. Cyborg and Bionic Systems AOP doi: 10.34133/cbsystems.0125, 2024].

 

Dolore cronico: una scoperta sulla parvalbumina promette una nuova strategia terapeutica. Nella fisiopatologia del dolore cronico l’output degli interneuroni inibitori spinali è ridotto mediante meccanismi non ancora del tutto definiti. In particolare, si indaga su popolazioni di interneuroni inibitori esprimenti parvalbumina (PV) con alta frequenza di scarica.

Qiu e colleghi hanno condotto uno studio, presentato da Mark Nelson della University of Vermont, in cui si dimostra che nel dolore cronico questi neuroni modificano il loro pattern elettrofunzionale di scarica, e tale cambiamento è responsabile del processo algico. Inoltre, ristabilendo il pattern fisiologico di alta frequenza di scarica in questi neuroni inibitori, si attenua il dolore. I ricercatori hanno accertato e dimostrato che la PV, una proteina legante il Ca2+, controlla l’attività di scarica di questi interneuroni consentendo loro di sostenere tonicamente un’attività di raffiche di potenziali d’azione ad alta frequenza. Un danno nervoso (come nel dolore neuropatico) riduce l’espressione di PV in questi interneuroni e causa un regime di scarica adattato, responsabile della sofferenza. La remissione del dolore conseguente al ripristino del pattern di alta frequenza degli interneuroni inibitori PV+ suggerisce una nuova strategia terapeutica. [Cfr. Proceedings of the National Academy of Sciences USAAOP doi: 10.1073/pnas.2403777121, 2024].

 

Come si assicura la persistenza della memoria? KIBRA àncora l’azione di PKMζ. In tal modo si àncora l’azione potenziante della chinasi per mantenere la fase tardiva del potenziamento LTP alle sinapsi attivate, come hanno dimostrato Tsokas e colleghi.

Ci siamo occupati in passato dell’argomento, recensendo uno studio interessante e discutendo il problema (v. Note e Notizie 22-10-22 Risolto il mistero della conservazione della memoria dopo il ricambio proteico) e in un’altra recensione più breve, dello scorso anno (v. Note e Notizie 29-04-23 Come si conserva una proteina di breve vita per una memoria a lungo termine), alle quali si rimanda. [Cfr. Science Advances AOP doi: 10.1126/sciadv.adl0030, June 26, 2024].

 

Una sorpresa nell’abilità del delfino di identificare e riconoscere i propri simili. È noto che i circuiti corticali del cervello del delfino (Tursiops truncatus) formano memorie distintive delle frequenze acustiche del fischio dei conspecifici, ma sulle altre modalità che consentono a questi cetacei odontoceti una rapida e infallibile identificazione di ciascun individuo conosciuto, distinguendolo dagli estranei e da tutti gli altri, si sa ancora poco. Jason Bruck, un biologo marino della State University in Texas, stava conducendo uno studio per verificare se i delfini usano il “fischio identitario” così come noi usiamo i nomi propri per chiamare le persone, quando è rimasto stupito – ha raccontato lui stesso a Rebecca Dzomback di National Geographic – al punto di definire a shot in the dark (“uno sparo nel buio”) l’effetto sorpresa che ha avuto nel rendersi conto di cosa facevano i delfini per riconoscere i conspecifici: usavano il gusto, assaggiando le loro urine, in base alle quali avevano la certezza dell’identità.

In precedenza il suo team aveva osservato delfini nuotare di proposito attraverso nuvole di urina rilasciata da altri esemplari, e aveva ipotizzato che ne ricavassero informazioni, ma nessuno aveva sospettato un’identificazione basata sul gusto. [Fonti: Sci. Adv. & Nat. Geogr., June 2024].

 

Il cavallo è stato addomesticato due volte nella storia: la genetica rivela l’intervento umano. La prima volta circa 5000 anni fa un popolo del sudest asiatico ha addomesticato specie equine per ricavarne, con l’allevamento, carne e latte. Il tentativo sembra non essere andato a buon fine e, dopo un certo tempo, il cavallo pare sia ritornato un animale selvatico. Il secondo tentativo – quello che ha avuto successo – è stato datato intorno ai 4200 anni fa; ma questa volta l’uomo ha preso ad addestrare i cavalli per compiti di trasporto. [Science News, June 2024].

 

La morte del cane più alto del mondo quale spunto per un’interessante riflessione. Lo scorso 25 giugno la nostra società scientifica ha ricevuto da Tracy e Roger Wolfe dello stato dello Iowa la notizia della morte di Kevin, considerato dal Guinness Book of World Records il cane più alto del mondo, in quanto raggiungeva 7 piedi di altezza tenendosi ritto sulle zampe posteriori. La notizia ha acceso un dibattito tra i nostri soci circa la liceità della domesticazione animale in tutte le versioni da quella per compagnia all’addestramento per il circo, passando per tutte le forme di allevamento a scopo alimentare. Non è semplice fare un bilancio biologico degli effetti positivi e negativi del rapporto delle altre specie viventi con la nostra, ma si dispone di strumenti che possono consentire una ricognizione approfondita in poco tempo. Cosa ben più impegnativa è affrontare la questione in termini etici.

I tempi sono maturi per una riflessione che vada oltre gli estremismi di alcuni movimenti animalisti, che considerano “riduzione in schiavitù” anche il comune avere un cane da parte di un bambino, o le contraddizioni di quelli che criminalizzano il possesso di alcuni animali domestici e ritengono lecito quello di altri. Le ragioni dei movimenti di opinione contro l’addestramento di animali per il circo sono evidenti, ma quanto è lontana la condizione di uno scimpanzé che ogni sera ripete i suoi giochi di destrezza applaudito dal pubblico da quella di un cane che al parco gioca a riportare al suo padrone l’osso di gomma? Ma, al di là delle ragioni etiche che sono tutt’altro che semplici da affrontare, vi è un altro argomento di più facile approccio: la consuetudine di alcune specie con l’uomo ha inciso sui processi evolutivi, inducendo dei cambiamenti genetici, alcuni favorevoli, come l’allungamento della durata della vita, altri sfavorevoli come la propensione allo sviluppo di patologie assenti nelle specie selvatiche.

Tralasciando l’enorme capitolo delle malattie epizootiche e di ogni tipo di trasmissione di microrganismi che superano la barriera di specie, nel rapporto quotidiano e diacronico uomo-animale sono evidenti gli effetti sul cervello. Se da poco tempo si sono codificati i benefici psichici della compagnia animale sotto l’improprio termine di pet therapy[1], da molto tempo è noto il miglioramento cognitivo e di abilità adattativa sviluppato da moltissime specie in rapporto con l’uomo. [BM&L-Italia, giugno 2024].

 

La scrittura rivela epoca e ragione della fine dell’amicizia tra Palestinesi ed Ebrei. Gli studiosi di psicologia sociale hanno individuato da tempo strutture di pensiero preconcette tramandate da generazioni nei popoli del Medioriente, rilevando l’origine ideologico-religiosa di pregiudizi, consolidati in ragioni politiche quando suffragati da azioni terroristiche, belliche, aggressive o di sabotaggio economico. Ma non è sempre stato così. Studiando l’uso comune della lingua aramaica, si è risaliti a documenti e iscrizioni che testimoniano la concordia fra popoli diversi per etnia e credo religioso. L’aramaico occidentale costituiva la lingua e l’impianto razionale comune per la cultura di Palestinesi, Siriani, Ebrei, Samaritani e Cristiani. La scrittura dell’aramaico occidentale presentava una varietà palestinese-giudaica, ossia una scrittura comune per i Palestinesi e gli Ebrei di Giudea. Questa scrittura è nota per iscrizioni che coprono un arco di ottocento anni, dal II secolo a.C. al VI secolo d.C.

Nelle opere esegetiche, ossia di studio interpretativo dei testi sacri, l’aramaico occidentale è notato invece con la stessa scrittura usata per i testi sacri in ebraico: questo è il caso dei Targume, detti in ebraico Targumin, che significa “traduzioni”, per i Midrasim e per il Talmud, ovvero la Misnah col commento. L’aramaico occidentale degli Ebrei era parlato da Palestinesi e Siriani fino al IX secolo d.C., quando fu soppiantato dall’arabo. Si hanno testimonianze di comunanza e fratellanza fra popoli ebraici, palestinesi e siriaci fino al IX secolo. L’imposizione della religione e della cultura islamica coincide con quella della lingua araba: nei territori conquistati dalla teocrazia maomettana vengono distrutti libri, papiri, rotoli e pergamene scritti in lingue diverse dall’arabo, così da rendere impossibile alle generazioni successive conoscere “gli altri”, ossia l’identità culturale di altri popoli attraverso il loro idioma. Le genti non islamiche, i loro costumi, la loro arte, le loro tradizioni sono rappresentate in chiave satanica. Ebrei e Cristiani sono per gli Arabi “Nemici di Dio”.

La persecuzione contro gli “infedeli dell’Islam” e le condanne a morte per i Palestinesi che avessero frequentato Ebrei e Cristiani, cominciò a tracciare un solco di separazione; tuttavia, occorsero secoli perché gli Arabi riuscissero a ottenere che il territorio esterno a quello islamico fosse proclamato tutto “terra di Jihad”, ossia di “guerra santa” come prescrive il Corano. Infatti, nel Medioevo tutti gli Ebrei colti conoscevano l’arabo e molti Arabi istruiti conoscevano ebraico e aramaico.

Una delle ragioni per cui gli Ebrei per secoli sono stati i migliori medici d’Europa e nessun sovrano rinunciava a un medico personale ebraico, è che le loro scuole mediche adottavano i testi di scuola ippocratica con l’anatomia derivata da dissezioni di migliaia di cadaveri, come quella della scuola di Erofilo e Erasistrato in Alessandria d’Egitto. Tali testi, scritti in greco, erano stati banditi dai cristiani ma se ne erano salvate delle traduzioni in arabo su cui studiavano i medici ebrei che, come si è detto, conoscevano l’arabo. [BM&L-Italia, Seminario sull’Arte del Vivere, giugno 2024].

 

Il Seicento nella sua reale complessità: stereotipi scolastici e ipersemplificazioni tradiscono la realtà (II parte). La maggior parte degli scienziati del XVII secolo era “compromessa con l’irrazionale” per varie ragioni. Una delle meno note, ma forse delle più importanti nella Mitteleuropa, è stata identificata in un desiderio di ritorno alle origini: i venti di ateismo, che spiravano in continente e si congiungevano di tanto in tanto con l’agnosticismo empirista in arrivo dalle isole britanniche, avevano portato, con l’avversione per il cristianesimo veicolato dalla cultura latina, a un rifiuto delle radici antropologiche greco-romane ormai fuse attraverso il neoplatonismo con la visione giudaico-cristiana della realtà, e a un ritorno al sostrato barbaro, ai suoi idiomi, ai suoi miti, alle sue credenze come a una fonte di identità originaria.

 Nelle tracce trasmesse quali antiche tradizioni vi era tutta una gamma di pratiche irrazionali, che andavano dalle pozioni dei Druidi all’uso magico di resti di cadaveri. La contiguità con l’alchimia, campo dal quale provengono molti sperimentatori, si spiega con la comune appartenenza alle attività clandestine, per le quali si correva il rischio di essere accusati di stregoneria. Ma la più pesante zavorra irrazionale al progresso scientifico è data dalle credenze astrologiche.

Nella lettura dei documenti, particolarmente di astronomi inglesi, colpisce la perfetta fusione tra convinzioni superstiziose legate all’influenza degli astri, quali entità dai poteri divini agenti sul destino e sul corpo stesso degli esseri umani, e dati di misura che gettano le basi della moderna astrofisica. Pastori e sacerdoti cattolici avevano un bel da fare a predicare anche agli angoli delle strade quanto fosse irragionevole pensare che eventi della vita delle persone, di fatto causati da scelte e decisioni dei protagonisti, si potessero attribuire alla posizione di astri nel cielo; rimanevano inascoltati. Un timore sicuramente fondato, soprattutto dei prelati cattolici e anglicani, era che si corresse il rischio di ritornare alla concezione barbara del diritto: con l’entrata nel Diritto Romano attraverso i Codici Giustinianei del principio cristiano di responsabilità penale individuale, era nata quella civiltà del diritto che individuava il colpevole del reato e non consentiva più di attribuire le cause dei delitti a congiunzioni astrali o a forze irrazionali ineluttabili agenti su persone prive di libero arbitrio.

In Inghilterra esisteva un vero e proprio “sistema di astrologie”, ossia un insieme organizzato di prassi, ciascuna delle quali riportava a volontà astrali le cause di una categoria di vicende umane, così da rendere le persone dei perfetti burattini nelle mani di un destino determinato da corpi celesti. L’astrologia oraria indagava se e quanto le stelle fossero favorevoli nell’ora scelta dal consultante per suggellare un patto, intraprendere un viaggio, compiere un’impresa, incontrare una persona; l’astrologia di giudizio forniva elementi di previsione necessari negli affari economici, finanziari e politici, costituiti in genere da suggerimenti concepiti con astuta ambiguità, in maniera tale da poter scaricare su una erronea interpretazione del consultante la responsabilità di una cattiva riuscita; infine, l’astrologia naturale svelava il destino di un individuo dal suo oroscopo, cioè dall’esame della posizione degli astri al momento della nascita.

Conosciamo questa realtà grazie al più acuto e profondo testimone e conoscitore del costume e del modo di sentire di quell’epoca: William Shakespeare. In proposito leggiamo questa sintesi di Will Durant: “Tutte quelle astrologie si trovavano in Shakespeare (benché non provino che vi credesse), e si trovano anche ai giorni nostri. La Luna, secondo la teoria astrologica, provocava maree, lacrime, pazzi e ladri (vedi Shakespeare, prima parte dell’Enrico IV, I, II, 15) e ogni segno dello zodiaco presiedeva al carattere e alla sorte di organi specifici dell’anatomia umana (La notte dell’Epifania, I, III, 146-151)”[2].

Non è necessario sottolineare che durante il lungo periodo medievale vi erano stati per secoli detentori del potere disonesti che, fingendo di avversare le pratiche superstiziose, di nascosto le incoraggiavano, per contribuire a conservare nel popolo queste forme di credulità infantile che loro avrebbero potuto sfruttare per fingersi irresponsabili di atti di ingiustizia necessari a mantenere il potere.

Ma, per rimanere agli Inglesi che influenzarono scienziati e pensatori italiani, francesi e germanici del XVII secolo, consideriamo il maggior esempio, perfino paradossale e risibile, di sistematico accostamento di rigore razionale e credulità irrazionale: John Dee (1527-1608). Matematico e geografo alla corte di Elisabetta I, come astrologo alchimista dedicò tempo e impegno allo studio dei poteri magici intrinseci nella sfera di cristallo usata dai maghi, ossia quell’oggetto di suggestione già caduto in discredito negli stati della penisola italiana dove, col nome dispregiativo di “palla di vetro”, indicava per metonimia l’arte luciferina di ingannare il prossimo. Grande esperto della matematica euclidea, era un propugnatore di pratiche razionali e, contro un decreto di Elisabetta, sostenne essere più ragionevolmente fondato il criterio cristiano romano di calcolare il tempo. Era convinto sostenitore della teoria di Copernico o Rivoluzione Copernicana, che aveva insegnato a Thomas Digges e agli altri suoi allievi, ma non aveva disdegnato di dedicarsi a pratiche di maleficio all’indirizzo di Maria Tudor.

Così lo ritrae Will Durant: “John Dee fu il simbolo dei tempi mescolando astrologia, magia, matematica e geografia. Si dedicò all’osservazione della sfera di cristallo, scrisse un Treatise of the Rosie Crucean Secrets (Trattato dei segreti dei Rosacroce), fu accusato di pratiche di stregoneria contro la regina Maria Tudor (1555), disegnò carte geografiche ed idrografiche per Elisabetta, propose un passaggio a nord-ovest verso la Cina, inventò la locuzione «l’Impero Britannico», tenne conferenze su Euclide davanti a un vasto pubblico a Parigi, difese la teoria copernicana, caldeggiò l’adozione del calendario gregoriano 170 anni prima che l’Inghilterra si rassegnasse a tale dispositivo papista…”[3].

Anche se John Dee rappresenta un caso estremo, quasi caricaturale, di contraddizioni, ci aiuta a comprendere a quale punto fosse giunta la deriva culturale nel XVII secolo. Presso i Greci, tutto il pensiero matematico, fisico e logico si sviluppava entro una cornice di metis (misura, equilibrio), che da Talete a Platone e oltre, aveva costituito un implicito e universale sfondo di senso e ragione; su questa radice antropologica si era innestata la cultura romana e poi, durante i secoli cristiani, con l’aiuto dell’implicito riferimento all’assoluto della verità, si coltivava il rigore conoscitivo in ogni campo del sapere[4], tenendo lontane la superstizione e ogni forma di sottocultura che riconosceva la magia.

Forse alla deriva cui si era giunti nel XVII secolo, secondo alcuni storici, possono aver dato un contributo le ideologie sviluppate a partire dal valore preminente della libertà nella creazione artistica, propugnato in seno a correnti di pensiero rinascimentale.

Per certo, sappiamo che Cartesio sente il bisogno di definire le regole entro cui il pensiero filosofico, matematico, logico e scientifico si sarebbe dovuto sviluppare, nel suo celebre Discorso sul Metodo, e che la definizione galileiana del metodo scientifico fu apprezzata e adottata in tutta Europa, non quale mera asserzione di rigore in un ambito tecnico, ma come un vero e proprio ritorno al “piacere della ragione” nella cultura generale. [BM&L-Italia, Seminario sull’Arte del Vivere, giugno 2024].

 

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BM&L-29 giugno 2024

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[1] A rigore, è terapia una misura medica che tende a ripristinare lo stato fisiologico in una condizione patologica definita mediante diagnosi.

[2] Will & Ariel Durant, Storia della Civiltà – Will Durant, L’Avvento della Ragione (3 voll.), vol. I, – L’Apoteosi Inglese, p. 189, Edito-Service, Ginevra, e Mondadori, Milano 1963.

[3] Will Durant, L’Avvento della Ragione (3 voll.), vol. I, – L’Apoteosi Inglese, op. cit., idem.

[4] Le scuole del Trivio e del Quadrivio di fiorentina memoria, copiate in Inghilterra a Oxford e Cambridge.